La più incantevole tra le Figlie dell’Abisso
Imperversava ogni sera
Lungo le rotte solcate dai mortali
Che, stregati dalla sua Voce
Non meno incantevole del suo volto,
le si avvicinavano e,
docili al suo abbraccio,
affogavano tutti nell’Estasi
d’un Abisso senza ritorno;
Fino al giorno in cui
in un giovane mortale, avente
una gioviale bellezza, un regale portamento
(preda pur ragguardevole!)
Che paralizzarono
(mai le era successo!!)
La sua Voce
Pur ardente d’attrarlo a sé…
Allora,
Dal cospetto di costui,
ma non riuscì a seminare
il ricordo del loro incontro,
né l’immagine della sua
mortale Bellezza, nè
le fantasie d’un incontro futuro:
era innamorata.
E nonostante le ovvie obiezioni
Delle Sorelle con cui si confidò,
bramava, ormai, di reincontrarlo!
Un’obiezione soltanto la tormentava:
appena avesse aperto bocca
per comunicargli Amore
la sua Voce avrebbe stregato
anche lui!, riducendolo
ad un docile Automa incapace
d’Amore spontaneo.
Allora, sotto anestesia
Dell’illusione di versare
Un pegno eroico al suo Amore,
tra le urla delle Sorelle
nel Silenzio dell’Abisso
si mozzò la lingua;
quindi, trionfale, dall’Abisso emerse
alla luce del giorno, corse trafelata
alla dimora splendente del giovane,
cuore martellante, bussò alla porta:
lo ebbe dinanzi! Lui la fissò
riconoscendo (sì!) la sua Bellezza!;
rassicurata, lei schiuse la bocca
e fiotti insanguinati ne schizzarono!;
rapido, lui si ritrasse e
sgranò gli occhi alla vista
dell’orrido pezzo di carne (la lingua!)
ancora stretto dalla mano sinistra
della non più Figlia dell’Abisso:
la scacciò fuori!,
per sempre le sprangò la sua porta.
Fuori, lei comprese e pianse
Lacrime prive d’una Voce
Capace di sfogarsi, di GIUSTIFICARSI;
comprese che lei, priva di Voce,
non era più nient’altro che una
Povera Pazza Muta Insanguinata,
Incapace d’invocare persino una Morte oramai liberatrice…-
-Un’audace variante della Sirenetta di
Andersen…- mormora ancora il Mago. Poi tace. Trema.
ESPLODE!:
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